«Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare»
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare»
(Giacomino Leopardi)
Riflettevo su quanto fosse sottile la differenza tra il "finito" è l' "infinito". Non nel senso meramente pratico, ma più che altro in una visione più astratta e fumosa.
E non posso non riportare La poesia di Leopardi.
E' infatti estremamente interessante notare come la finita barriera che la siepe impone, escludendo lo sguardo del poeta, sia in realtà uno stimolo per raggiungere l'infinito.
L'ostacolo visivo impedisce agli occhi di vedere, ma non impedisce alla fantasia di strabordare, anzi l'alimenta a più non posso. Nascono così gli interminati spazi, l'eterno, l'immensità e il vasto mare. Tutti termini che richiamano a un qualcosa di fortemente indefinibile, un qualcosa a cui è impossibile porri limiti e certezze.
Il tutto si riduce quindi a un gioco di contrasti, tra ciò che è finito e ciò che non lo è. Questo scontro dà libero sfogo alla fantasia e ai sentimenti. Due termini carichi di grande significato, che richiamano un altro contrasto spirituale:
"L'impressione del sublime nasce da una tensione eccezionale del sentimento e della fantasia,dalla coscienza di un violento e grandioso scontro di forze cosmiche, spirituali e naturali. Generano il sublime quegli spettacoli naturali grandiosi, selvaggi, terribili, che fanno sentire all'uomo la sua piccolezza e impotenza fisica, ma nello stesso tempo gli danno la coscienza della sua grandezza e superiorità morale.
Un mare in tempesta, una vasta solitudine silenziosa, una notte stellata, un tramonto, uno scenario di impervie montagne, burroni e precipizi, in cui torrenti selvaggi si precipitano in cascate spumeggianti, sono tutti spettacoli che possono innalzare l'anima al sublime."
L'insensata ed effimera esistenza dell'uomo in confronto con paesaggi sconfinati o grandiosi eventi naturali generano una "superiorità morale", generano il sublime.
Quello che sto cercando di esprimere e che insomma la vita e tutte le accezioni che scaturiscono da essa sono genarti da continui scontri/incontri, contrasti/incastri.
E' un incessante fluire di uomini, donne, pensieri, parole, azioni, orribli sbagli, grandi successi, sentimenti, passioni, indecisioni, sicurezze, stabilità, precarietà...
pausa.
E non posso non riportare La poesia di Leopardi.
E' infatti estremamente interessante notare come la finita barriera che la siepe impone, escludendo lo sguardo del poeta, sia in realtà uno stimolo per raggiungere l'infinito.
L'ostacolo visivo impedisce agli occhi di vedere, ma non impedisce alla fantasia di strabordare, anzi l'alimenta a più non posso. Nascono così gli interminati spazi, l'eterno, l'immensità e il vasto mare. Tutti termini che richiamano a un qualcosa di fortemente indefinibile, un qualcosa a cui è impossibile porri limiti e certezze.
Il tutto si riduce quindi a un gioco di contrasti, tra ciò che è finito e ciò che non lo è. Questo scontro dà libero sfogo alla fantasia e ai sentimenti. Due termini carichi di grande significato, che richiamano un altro contrasto spirituale:
"L'impressione del sublime nasce da una tensione eccezionale del sentimento e della fantasia,dalla coscienza di un violento e grandioso scontro di forze cosmiche, spirituali e naturali. Generano il sublime quegli spettacoli naturali grandiosi, selvaggi, terribili, che fanno sentire all'uomo la sua piccolezza e impotenza fisica, ma nello stesso tempo gli danno la coscienza della sua grandezza e superiorità morale.
Un mare in tempesta, una vasta solitudine silenziosa, una notte stellata, un tramonto, uno scenario di impervie montagne, burroni e precipizi, in cui torrenti selvaggi si precipitano in cascate spumeggianti, sono tutti spettacoli che possono innalzare l'anima al sublime."
L'insensata ed effimera esistenza dell'uomo in confronto con paesaggi sconfinati o grandiosi eventi naturali generano una "superiorità morale", generano il sublime.
Quello che sto cercando di esprimere e che insomma la vita e tutte le accezioni che scaturiscono da essa sono genarti da continui scontri/incontri, contrasti/incastri.
E' un incessante fluire di uomini, donne, pensieri, parole, azioni, orribli sbagli, grandi successi, sentimenti, passioni, indecisioni, sicurezze, stabilità, precarietà...
pausa.